8 Ottobre 2016
COLDIRETTI MARCHE, DOPO FERMO PESCA CROLLA PREZZO PESCE

Crollano ai minimi storici i prezzi pagati ai pescatori marchigiani, con il ritorno in mare in Adriatico che vede quotazioni su livelli minimi, addirittura fino a 0,4 euro al chilo, per alcune delle specie più tipiche del periodo. A denunciarlo è la Coldiretti Impresapesca dopo che la fine del fermo pesca ha portato sul mercato una grande quantità di prodotto proprio nel momento in cui i consumi calano, con il termine del periodo estivo. Il risultato è che da Fano a San Benedetto del Ironto i prezzi pagati ai pescatori sono crollati ai livelli di trent’anni fa, mentre il pesce resta sui banchi. Basti pensare al caso delle triglie o delle gallinelle, le cui quotazioni sono crollate anche fino a 0,4 euro al chilo. E ciò nonostante si tratti di prodotti di qualità e dalle importanti proprietà nutrizionali, essendo ricchi, tra l’altro di Omega3. Da qui l’invito di Coldiretti Impresapesca a sostenere la filiera ittica made In Italy acquistando direttamente dai produttori o nei mercati ittici a km zero, a partire da quelli di Campagna Amica. In questo modo si porta in tavola un prodotto di alta qualità, come le triglie, ad un giusto prezzo, sostenendo i pescatori italiani e aiutando l’ambiente, poiché il pesce a km zero non deve percorrere lunghi tratti prima di arrivare nel piatto.
Il crollo dei prezzi rappresenta del resto un problema grave per una marineria già in difficoltà per il mancato arrivo dei fondi per il fermo 2015, il cui sblocco era stato annunciato nel luglio scorso, con i pagamenti che sarebbero dovuti scattare da settembre. L’ennesima dimostrazione – denuncia Coldiretti Impresapesca - del fatto che l’attuale meccanismo di arresto delle attività è sbagliato, in quanto non premia i produttori, né tutela la risorsa, non tenendo peraltro conto del fatto che solo alcune specie ittiche si riproducono in questo periodo. Il fatto di togliere poi il pescato Made in Italy dal mercato proprio nel periodo di massimo consumo non fa altro che favorire le importazioni di prodotti ittici dall’estero, i cui arrivi hanno raggiunto nel 2015 il massimo storico. Dal pangasio del Mekong venduto come cernia al filetto di brosme spacciato per baccalà, fino all’halibut o la lenguata senegalese commercializzati come sogliola, la frode è dunque in agguato sui banchi di vendita in Italia dove più di due pesci su tre provengono dall’estero con il rischio evidente che venga offerto come Made in Italy pesce importato, anche perché al ristorante non è obbligatorio indicare la provenienza. Per effettuare acquisti di qualità al giusto prezzo il consiglio di Coldiretti Impresapesca è di verificare sul bancone l’etichetta, che per legge deve prevedere l’area di pesca (Gsa). Le provenienze da preferire sono quelle dalle Gsa 9 (Mar Ligure e Tirreno), 10 (Tirreno centro meridionale), 11 (mari di Sardegna), 16 (coste meridionali della Sicilia), 17 (Adriatico settentrionale), 18 (Adriatico meridionale), 19 (Jonio occidentale), oltre che dalle attigue 7 (Golfo del Leon), 8 (Corsica) e 15 (Malta).

seguici su 👍