16 Aprile 2011
COLDIRETTI IMPRESA PESCA, MARINERIA SAMBENEDETTESE IN GINOCCHIO DOPO -40% PRODUZIONE E CARO-GASOLIO (+27%), SERVE FERMO

Con il 60 per cento degli incassi che finisce solo per pagare il caro-gasolio e il quasi dimezzamento della produzione verificatosi nei primi mesi del 2011 servono nuove regole sul fermo pesca e provvedimenti immediati per impedire il tracollo della marineria sambenedettese. E’ l’analisi di ImpresaPesca Coldiretti dopo il rincaro del carburante che rispetto al 2010 ha fatto registrare un aumento del 27 per cento, con 0,74 euro al litro, mentre il pesce pescato si è ridotto del 40 per cento. “Una crisi simile non si viveva da tanti anni - spiega Umberto Cosignani, presidente di Associazione Pesca Futura e rappresentante locale di ImpresaPesca Coldiretti -. Da un lato si è verificato un vero e proprio crollo della produzione di pesce proprio nei mesi tradizionalmente più favorevoli, dall’altro il boom del prezzo del gasolio sta praticamente costringendo gli operatori a lavorare in perdita o quasi”. Da qui la proposta di un periodo di fermo pesca da maggio-giugno a settembre da attuarsi nella fascia delle 6 miglia, così da consentire il ripopolamento delle specie. Le barche dovrebbero inoltre attuare un blocco dell’attività di 30-45 giorni, da decidere in totale autonomia. “Non si può pensare di stare fermi tutti assieme come in passato – rileva il rappresentante di ImpresaPesca Coldiretti -, secondo regole che non hanno dato alcun risultato, se non quello di far mancare il prodotto alla ristorazione nel periodo più importante dell’anno, svalutarlo al rientro in attività e non avere effetti sul ripopolamento”. Ma, secondo Cosignani, occorrerebbero anche provvedimenti di sospensione delle rate dei mutui nel periodo di fermo per evitare di aggravare ulteriormente la crisi della marineria. Sulla crisi pesa comunque anche la concorrenza dei paesi al di là dell’Adriatico, che non hanno alcuna limitazione nell’attività e dove si sta addirittura investendo, nonché delle importazioni di pesce straniero (+9 per cento in valore nel 2010) e della mancanza dell’obbligo dell’indicazione d’origine per il prodotto servito nei ristoranti.

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